sabato 13 febbraio 2010
Egoismo, edonismo e zolfo
Li 'ffigliole
Li 'ffigliole che n'hanno ammore
songo nave senza la vela,
so' lanterne senza cannela,
songo cuorpe senza lu core,
li 'ffigliole che n'hanno ammore.
Li 'ffigliole che n'hanno amante,
so' comm'arvole senza frutte,
so' turreno sicco ed asciutte
che non fanno sciure né chiante,
li 'ffigliole che n'hanno amante.
Li 'ffigliole che n'hanno amice
sanno poco che cosa è bene,
quanno po' la vecchiezza vene
s'asciarranno triste e 'nfelice,
li 'ffigliole che n'hanno amice.
Zetelluccie belle e cianciose
mò gustate ca tiempo avite,
mò che tennere e fresche site,
tiempo 'e cogliere mò li rose,
zetelluccie belle e cianciose.
Lu pacchiano ca beve e sciacqua
va 'nforrato de stoppa e llino,
ma se aguanno non se fa vino
se la face 'na panza d'acqua,
lu pacchiano ca beve e sciacqua.
venerdì 12 febbraio 2010
Sacro Bosco
Recati di notte tempo nel Sacro Bosco, caro alla Dea Cacciatrice. Nasconditi tra gli arbusti ed ascolta in silenzio le voci del bosco e delle ninfe. Al sorgere del sole vaga per gli antri della foresta in cerca del custode ed affrontalo. Egli é il suo Re ed il suo Custode. Uccidilo e prendi un ramo d'oro dall'albero sacro. Solo così potrai essere a tua volta libero e riscattare la tua condizione di miserabile schiavo. Solo così potrai essere Re e custode.
giovedì 11 febbraio 2010
Carmi profani
Inno
“Ti invochiamo Tifatina, madre minervina.
Stendi il tuo manto oscuro.
Suona il tuo corno
sulle teste cerberee della omuncola canizza.
Solca le carni infette con la sacra scure,
Con mano ferma e rapida.
Vieni cruenta sorella, dissolvi il gregge di Persefone.
sradica le venefiche piante
dai campi e dalle messi.
Donaci la luce di Angitia,
la clava di Hercules,
la notte di Hantranus.
Donaci Mater Mutata
pietosa liberatrice,
Donaci un’altra aurora.”
Ars longa, vita brevis
L’arte è come l’aria. Ogni cosa del creato ne è pervasa. Ogni essere vivente è immerso in uno stato d’arte perenne. La natura è arte. Gli artisti sono semplicemente chi né é consapevole. Fare arte è una tipica attività che appartiene alla fenomenologia dello spirito umano. L’uomo è un laboratorio vivente dell’universo, semplicemente perché è l’unico essere conosciuto in grado di ri-produrre creazione. L’uomo è creativo, è un essere creante. Ha un dono soprannaturale. Ogni persona può attingere a questa risorsa, a quest’attività dell’anima. Chiunque è libero di praticare questo processo di conoscenza. Ognuno può trasformare la propria esistenza in un’operatività artistica. L’opera d’arte altro è che il lavoro dell’artista. Fare arte significa semplicemente dedicarsi con consapevolezza a qualsiasi attività umana, esattamente come ricercare, fare, operare. E’ qualcosa d’innato, d’istintivo, quasi automatico l’approccio alla conoscenza. Completa la nostra esistenza. Ci porta lontano a scoprire linguaggi, segni, mondi, dimensioni impercettibili. Nel fare arte si diventa come dei medium in trans, si diventa astronauti proiettati nello spazio più profondo alla scoperta della vita, di mondi possibili, svelando i misteri che ci avvolgono dalla nascita alla morte fino e persino al “grande nulla”. Attraverso l’arte si percepisce il senso dell’essere, del mondo, dell’universo. Più che fare l’artista si dovrebbe dire di praticare l’arte come si fa con la preghiera, la meditazione, la conoscenza, lo studio, il sapere. Vuol dire essere in cammino che porta per un lungo, tortuoso, faticoso, difficilissimo sentiero, senza regole e senza guida. Significa essere in uno stato di perenne tensione, percezione, elaborazione, intuizione, alla ricerca delle prime verità. Praticare l’arte che ci consente di elevare e differenziare il nostro spirito dall’oscurità dell’ignoranza, dell’inconsapevolezza, l’oblio. Di riscattare quell’animalesco e violento stato bestiale primitivo e arcaico. Vuol dire che si è alla ricerca di una conoscenza suprema. Non può essere appannaggio di pochi eletti o di speculatori senza ritegno. Di fatto tutti sono potenzialmente artisti e tutti sono liberi di attingere alla sua fonte inesauribile.
lunedì 8 febbraio 2010
Elogio della povertà
Di tutte le umane virtù, la povertà è la più rara. La più preziosa. E’ un irraggiungibile, altissima, vetta da scalare, da conquistare e per questo, la più difficile da praticare. Affine alla pratica del digiuno è il bene più ricco che si possa ambire su questa terra. E’ un privilegio. E’ la virtù degli eletti. Coloro che la praticano vivono in uno stato permanente di grazia. I benefici che ne ricevono sono molteplici. La povertà conduce alla ricchezza suprema e regala doni preziosi. Primo fra tutti: il dono della libertà, la liberazione dalla materia. Poi libera la generosità, l’amore universale, la pace, la contemplazione, la misericordia, l’umiltà. La povertà libera la mente dalla dipendenza psicologica, dalla schiavitù del possesso. Avvantaggia il distacco dalle cose, dall’illusione del possesso. Ci fa provare la leggerezza dell’essere. Chi abbraccia questa virtù ne ricava una passione struggente per la vita stessa, una sensazione pervasiva di gioia e amore per la natura. C'è donato un patrimonio incalcolabile, irraggiungibile con qualsiasi altro mezzo. Si diventa realmente ricchi. Una ricchezza oltre qualsiasi immaginazione. Si sperimenta la purezza dell’anima. Si percepisce chiaramente l’anima mundi. Il pensiero si affina. I sensi si evolvono. La vita sboccia e svela il suo profondo senso, il suo reale scopo: l’amore per il creato e le creature che lo abitano, la conoscenza.
domenica 7 febbraio 2010
La terra promessa e la terra perduta.
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